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Boom di minori a lavoro anche in Italia

Complice la crisi, per i genitori nessun problema abbandonare la scuola per un lavoro

Boom di minori a lavoro anche in Italia

29 Settembre 2015

Un'indagine appena pubblicata dall'Osservatorio Nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza Paidòss, ricorda che in Italia, al Nord come al Sud, sono 260mila i minori che lavorano. La metà non viene pagata, perché lavora per la famiglia: piccoli baristi, commessi, parrucchieri ma anche braccianti agricoli, manovali nei cantieri, meccanici di officina. 

Complice la crisi, solo un genitore su tre si opporrebbe con ogni mezzo all'abbandono della scuola per il lavoro da parte di un figlio under 16. 

Dai dati emersi dall'indagine, i genitori italiani, stremati da anni di difficoltà economiche, sembrano non capire fino in fondo la gravità dell'abbandono scolastico, che oggi riguarda il 18% dei giovanissimi, per la ricerca di un impiego: uno su due non si opporrebbe con ogni mezzo al lavoro minorile del figlio, il 54% pensa che la crisi lo giustifichi almeno in parte. Giuseppe Mele, presidente Paidòss sottolinea come “l'idea che iniziare la gavetta presto possa aiutare i ragazzi a inserirsi meglio nel mondo del lavoro è falsa e fuorviante, un modo utile soprattutto a nascondersi ipocritamente di fronte alla realtà: lavorare prima dei 16 anni è un furto dell'infanzia, mette a rischio la salute e il benessere psicofisico e non aiuta a trovare meglio lavoro. Le stime indicano addirittura che un bambino costretto a lavorare prima del tempo avrà il doppio delle difficoltà per trovare un impiego dignitoso, da adulto”. L'indagine Paidòss è stata condotta da Datanalysis intervistando 1000 mamme e papà rappresentativi della popolazione generale italiana per fare chiarezza sulla percezione del lavoro minorile da parte di genitori di bambini e ragazzini con meno di 16 anni.

L'Italia non è immune dalla drammatica realtà: il 30% dei genitori italiani pensa che il lavoro minorile in Italia riguardi solo gli stranieri, il 55% lo considera un dramma dei Paesi sottosviluppati, il 40% ignora che esistano piccoli sfruttati anche entro i nostri confini, ma in realtà dei 260.000 piccoli lavoratori solo 20.000 sono stranieri e il 17% dei genitori intervistati per lo studio conosce la storia di ragazzini lavoratori, figli di amici e parenti o conoscenti dei propri figli, con punte che arrivano al 22-24% nell'insospettabile Nord. Resiste tuttavia il pregiudizio verso il Sud, visto che il 40% crede che si tratti di un problema confinato al Meridione.

In quest'ottica si inserisce la ricetta Paidòss per contrastare il lavoro minorile, che riporta in primo piano proprio il ruolo degli insegnanti e della scuola. “La scuola deve essere protagonista del processo di crescita dei ragazzi e può diventare un antidoto efficace allo sfruttamento dei minori – conclude Mele – Il nostro decalogo sottolinea la necessità di una scuola gratuita, aperta alle esperienze, che sia realmente formativa e che riesca ad attrarre i ragazzi con programmi attuali, inseriti nel contesto contemporaneo e capaci di offrire competenze tangibili. Gli insegnanti devono tornare a essere un punto di riferimento solido per la crescita dei giovani, le ore in classe non devono essere vissute come tempo perso ma come un periodo prezioso utile alla propria crescita sociale, culturale, personale: solo così, avendo ben chiaro il valore dell'istruzione, diventerà più facile opporsi al richiamo del lavoro minorile. Anche in tempi difficili come quelli attuali”.

Fonti: d.repubblica.it - http://www.vita.it/

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