22.45, il brivido irrompe sul palco dell'Ariston

Povia passa in finale con "Luca era gay"

21 Febbraio 2009

Programmata o no? Alle 22.45, proprio mentre Bonolis sta conversando con Hugh Hefner, una ragazza nuda coperta solo da slip neri e grossolano body-paint fa irruzione sul palco. Bonolis sembra realmente sorpreso, e prima di pensare al vecchio trucco dell'intruso programmato – il sospetto riaccende il ricordo del blitz del celeberrimo Cavallo pazzo “salvato” da Baudo in un'edizione memorabile del Festival – ci si sorprende col fiato sospeso. Gli addetti alla sicurezza guadagnano il palco, portano via l'audace fanciulla, e il brivido se ne va. Il Festival può continuare. Con Povia, miracolosamente riabilitato da una platea che lo sostiene scandendo il ritmo di un'inedita versione unplugged e intimistica della controversa Luca era gay. Bacio etero di due sposi-comparse sullo sfondo e cartello che recita il messaggio “Serenità meglio che felicità” inclusi. Un invito a negare l'istinto a favore della strada più sicura? Il dubbio che sia tutto preparato torna. Forse la vittoria la merita davvero Marco Carta, che insieme ai Tazenda rende omaggio alla Sardegna dimostrando di voler competere in questo Festival come cantante. Senza trucco e senza inganno. Così come, con le dovute proporzioni, non c'è trucco né inganno nella performance magistrale del debuttante Alain Clark e papà. L'emozione della buona musica d'Oltreoceano lascia spazio allo sgomento per l'accorata denuncia di un grave caso di malasanità ai danni di un bambino nato con gravi patologie, denuncia con la quale Bonolis invita il pubblico italiano a sostenere la causa dell'associazione Onlus “Cers”.

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